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Mostra "L'Ultimo Caravaggio - Eredi e nuovi maestri"  |   Gallerie d'Italia, Milano   |   2017/18



Per questa importante mostra dedicata a Caravaggio e alla pittura italiana del XVII secolo Nexhibit Design ha curato il progetto museografico generale e la progettazione di dettaglio delle nuove strutture espositive e delle vetrine.

I principali temi affrontati in questa occasione sono stati certamente il Padiglione per i Martìri di Sant'Orsola, nel centro del grande Salone Scala, e la struttura espositiva per una Ultima Cena di Procaccini.

Nel primo caso si trattava, come spesso accade nella progettazione museografica per le Gallerie d'Italia, di interpretare correttamente lo spazio architettonico del Salone Scala. Questa grande hall, un vasto volume vuoto al centro delle sale espositive, esercita una forte suggestione sui visitatori, spesso a scapito delle stesse opere esposte in occasione delle mostre che a confronto con la monumentalità e il carattere del Salone tendono a risultare più un accessorio decorativo dentro un bel palazzo che le protagoniste delle esposizioni.

Il ruolo del Salone Scala è sempre uno dei argomenti centrali in un progetto per questa sede ed in questa occasione abbiamo deciso di esporre proprio qui il protagonista assoluto della mostra: il "Martirio di Sant'Orsola" di Caravaggio. Un'opera dotata di un potente fascino evocativo, l'ultima tela alla quale lavorò l'artista poco prima della morte, ma anche la prima opera da cui si dipanava il racconto della mostra che il curatore, Alessandro Morandotti, ha dedicato alla pittura in Italia dopo, e in qualche misura anche malgrado Caravaggio, cioè a come la rivoluzione caravaggesca è stata raccolta o viceversa ignorata negli ambienti artistici italiani del XVII secolo.

La immediata presentazione del "Martirio di Sant'Orsola" alla vista del pubblico all'ingresso della mostra sortiva l'effetto di contenere il potenziale suggestivo del Salone Scala, ma ci ha anche fornito l'occasione di esibire all'apertura del percorso espositivo una sorta di sunto per estremi del senso stesso della mostra: un confronto diretto tra tre quadri sullo stesso soggetto, il "Martirio di Sant'Orsola", e che rappresentavano in qualche maniera tanto il modello, Caravaggio, quanto il suo superamento da parte di Giulio Cesare Procaccini e Bernardo Strozzi, due pittori che conoscevano l'eredità del grande lombardo ma che operarono scelte stilistiche completamente diverse.

Di Procaccini la mostra presentava anche un dipinto assolutamente eccezionale: una Ultima Cena proveniente dalla Basilica dell'Annunziata del Vastato di Genova.

Si trattava di una enorme tela centinata, di circa 9x5 metri, che poneva alcune interessanti questioni espositive. Innanzitutto la collocazione: un dipinto così grande deve poter essere visto anche da lontano per apprezzarlo nel suo insieme e doveva trovar posto in un ambiente che non ne mortificasse il respiro. Inoltre occorreva cercare di illuminarlo coscienziosamente poichè la superficie dei quadri secenteschi, e questo non faceva eccezione, è spesso coperta da una vernice lucida su cui l'illuminazione artificiale può creare fastidiosi riflessi, specie nelle grandi dimensioni.

Vi era infine un tema, generalmente dato per scontato da chi visita una esposizione, ma centrale in un allestimento che era quello della progettazione di una parete adatta ad accogliere un'opera di queste dimensioni e con queste caratteristiche. Il dipinto infatti, reduce da un recente e complesso restauro, andava non solo appeso ma doveva anche poggiare lungo il bordo inferiore per scaricare parte del peso, andava protetto lungo i bordi laterali, la struttura doveva mascherare l'accesso ad alcune funzioni di servizio e il tutto andava inserito in modo coerente ed equilibrato in un contesto architettonico fortemente caratterizzato.

L'analisi delle funzioni cui la struttura espositiva doveva rispondere ha portato alla progettazione di una parete dotata di una bassa zoccolatura, una breve nicchia, un taglio che seguiva la particolare forma del dipinto ed un discreto sistema di ancoraggio aereo che ne garantiva la stabilità, il tutto per cercare di dare un aspetto per così dire "naturale" alla collocazione del quadro e renderlo godibile e suggestivo per il pubblico.

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