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Mostra "Arte come Rivelazione - dalla Collezione Luigi e Peppino Agrati"
Gallerie d'Italia, Milano   |   2018



Il progetto di allestimento di questa mostra ha dovuto affrontare prima di tutte le altre questioni il tema dell'utilizzo del Salone Scala, la grande hall all'inizio del percorso della Gallerie d'Italia. Questo monumentale atrio, vasto e dal carattere architettonico estremamente connotato, malgrado il suo indubbio fascino è un potenziale elemento di distrazione dal focus delle mostre che qui vengono presentate.

Le sale che circondano il Salone infatti hanno volumi estremamente più piccoli e meno illuminati della hall centrale. Il continuo entrare e uscire da questi ambienti laterali, privi di un collegamento diretto tra loro, può creare una esperienza di visita frammentaria e distrattiva. Indipendentemente dalla qualità delle opere esposte, infatti, l'occhi del visitatore oscilla in una continua alternanza tra elementi opposti: spazi grandi / piccoli; illuminazione d'accento / diffusa; attenzione concentrata sulle opere / sul contenitore architettonico.

Per cercare di ricomporre l'unità della visita contenendo la potenza attrattiva dell'edificio per restituirla alla mostra, abbiamo in questo caso occupato il centro del Salone con un padiglione in tulle bianco dall'aria un po' misteriosa.

Era la sezione delle opere di Umberto Melotti, le eleganti sculture che Calvino definì "ideogrammi senza peso". Questo affascinante artista, molto ben rappresentato nella collezione Agrati e quindi centrale anche in questa mostra, ha prodotto tra gli anni Sessanta e Settanta molte opere in filo di bronzo. Si tratta di sculture estremamente esili che pongono un curioso problema di illuminazione: la loro leggibilità non è tanto determinata dalla intensità della luce che le investe come succede di norma per la pittura e, con qualche interessante eccezione, per la scultura, ma piuttosto dal ruolo dello sfondo.

Le sculture filiformi di Melotti sono letteralmente attraversate dallo sfondo, tanto che uno scarso contrasto con quest'ultimo o la sua disomogeneità - ad esempio per la presenza dietro di altri oggetti o spazi frammentati - rende la loro percezione meno incisa e addirittura faticosa.

Per questa ragione nell'esposizione delle Gallerie d'Italia abbiamo proposto il rivestimento del padiglione, una sorta di sala nella sala esclusivamente dedicata a Melotti, con un tulle bianco che costituisse un filtro verso ciò che si trovava dietro le sculture e uno sfondo ottimale per la loro leggibilità.

Dall'esterno inoltre si potevano osservare sul tulle le ombre delle opere esposte all'interno, con un effetto sorprendente e una capacità di attirare la curiosità del pubblico che tornava ancora funzionale al senso della mostra e al tentativo di contendere l'attenzione alla sontuosa bellezza del Salone Scala (che, va detto, è assolutamente indiscutibile oltre che storicamente assai rappresentativa sia dell'opera di Luca Bertrami sia di un certo modo di intendere l'architettura nella Milano borghese del primo Novecento).


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